
Il diritto di proprietà costituisce la massima espressione dei poteri su un determinato bene, implicando la facoltà di godere e disporre di esso in modo pieno ed esclusivo. Quando la titolarità del diritto appartiene a più persone, è necessario individuare quei criteri di corretta amministrazione della cosa comune che garantiscano l'uguale partecipazione di tutti. Il criterio adottato dal legislatore è quello della volontà espressa dalla maggioranza dei partecipanti alla comunione, calcolata secondo il valore delle quote di ciascuno, diversamente determinata in ragione della natura ordinaria o straordinaria degli atti di gestione. Quando, poi, il numero dei partecipanti alla comunione è elevato, risulta opportuno affidare la gestione del bene ad un unico soggetto, che rappresenti in ugual misura l'interesse di tutti. Se, in via generale, l'affidamento della gestione del bene comune ad un amministratore rappresenta una facoltà, nel condominio negli edifici diventa un obbligo quando il numero dei condomini è superiore ad otto. Per tale motivo si rinvengono nella legge disposizioni atte a sopperire, mediante ricorso all'autorità giudiziaria, all'inerzia dei condomini riguardo tale obbligo o all'impossibilità di ottenere la maggioranza dei consensi necessari alla nomina di un amministratore.
Nella comunione di diritti, ai sensi e per gli effetti dell'